Marmo, l’analisi del sindacato

La posizione di Cisl Toscana Nord e Filca Toscana Nord sui Piani attuativi dei bacini marmiferi

Ecco l’approfondita analisi tracciata da Andrea Figaia, della Segreteria Cisl Toscana Nord e da Giacomo Bondielli, segretario Filca-Cisl Toscana Nord, sui ‘Piani attuativi’ dei bacini estrattivi del marmo, da settimane al centro di un acceso dibattito.

“Le difficoltà politico amministrative che le due amministrazioni comunali, Carrara in primis date le quantità escavate, stanno riscontrando per l’approvazione dei rispettivi Pabe, sono la cartina al tornasole di problemi antichi, complessità continue e sempre nuove, in un quadro generale però che sconta ormai chiaramente, la incapacità di gestire e risolvere alcuni punti centrali, diciamo ‘fuori controllo’: le quantità escavate e l’ambiente, la diminuzione occupazionale, la sicurezza sul lavoro e la ricaduta socio economica.”

“Su questo come sindacato vogliamo focalizzare la nostra prioritaria attenzione. Nel dibattito scaturito in questi anni, soprattutto sulla stampa, a causa della assoluta mancanza di confronto messa in atto dai Comuni (non esiste alcun Tavolo) ma anche da parte delle associazioni di impresa, industriali in primis, il tema del contingentamento delle escavazioni, pur difficile da attuare, nella considerazione della complessa e diversificata natura dei bacini e delle differenti qualità di marmo presenti, sia comunque meritevole di serio e non rimandabile approfondimento”.

“Si tratta di un concetto degno di argomentazione all’interno di una riflessione di economia sostenibile ma anche di salvaguardia ambientale, diciamo del creato. Non se ne parla però, non se ne vuol parlare, il tema è talmente scabroso che non entra nel parlato politico e men che meno nei testi giuridici attuativi negli atti comunali. Deve essere scavato solo il marmo buono che viene venduto,’fuori’, a prezzi decuplicati e che quindi si può regolamentare. C’è margine insomma, molto. Le percentuali previste dalla norma regionale 75/25, l’iniziale 70/30, semplicemente sono utopiche”.

“La diminuzione della forza lavoro è dovuta al fatto che negli ultimi anni i nuovi macchinari, da una parte permettono di escavare con maggiore precisione , diciamo pure grande, e questo permette di avere meno residuo, sfrido ed anche, in linea di principio, maggiore sicurezza. In cava quindi si è scesi di parecchie centinaia di unità di personale operaio. Né le nuove eventuali cave prevedono assunzioni significative, almeno rispetto al passato. Sarebbe interessante stabilire un coefficiente che leghi la quantità di marmo escavato con una presenza di operatori addetti, come dire, minima. Non si produce pasta per alimenti, si abbassano montagne, non riproducibili”.

“Al ‘piano’ poi, cioè nella cosiddetta filiera, è in atto una vera rivoluzione. La filiera del marmo sconta l’abbandono del territorio apuano e di Carrara, avvenuto anni fa, da parte dei produttori di granito. Da cave di ogni parte del mondo arrivavano a Carrara, tramite il porto, blocchi di materiale da lavorare. Tutto questo ha avuto un prezzo ambientale perché ancora non era sviluppata una maturità in tal senso, né la legislazione aiutava. Grazie anche alla produzione di macchinari per il marmo nel nostro distretto si è sviluppata molto la pratica economica di lavorarsi il proprio materiale vicino alla escavazione. Ricordiamo che abbiamo così perduto anche fabbriche, aziende produttrici di macchinari per la lavorazione del marmo, settore dove eravamo se non leader almeno tra i leaders mondiali. E non abbiamo più lavorato il granito”.

“Molte aziende di lavorazione del lapideo hanno chiuso, ci sono stati vari fallimenti, si lavora il marmo là dove si escava (ma allora anche qua dove siamo tra i primissimi al mondo) ma anche qui la nuova tecnologia del settore prevale e prevede investimenti, che non tutti fanno, ma soprattutto non fanno molti dei big del monte. Costa meno lavorare il marmo altrove, non si vedono nuove aziende, ma soprattutto non si vedono investimenti sulle lavorazioni artistiche o di nuova generazione, quelle legate al mondo delle professioni, delle idee, che confinano con la cultura e che alla fine soprattutto creano nuovo lavoro. I big dell’escavazione preferiscono vendere all’estero dove pagano e pagano bene ed acquistano quantità”.

“Buona parte dei terreni della ex Zia – zona industriale apuana – sono occupati da depositi di marmo di varia natura ed origine, ai fini del commercio. Ai fini occupazionali questi depositi certamente non aiutano molto, salvo qualche raro addetto presente in ogni singolo piazzale.Nel 2009 era ancora presente negli uffici della IMM il distretto lapideo. Detto distretto, operante su mandato della Regione Toscana, non si è più riunito formalmente, a seguito dell’acuirsi di differenze fondamentali di visione tra categorie (organizzazioni sindacali e imprese) e tra territori (Carrara, Massa, Versilia). Con la nuova normativa regionale ci aspettiamo una ripresa dell’attività del ‘distretto’. Certo se non si lavora sistemicamente sul bene più prezioso, non si hanno idee, si lascia al mercato il compito di fare gli interessi del territorio, che in questi casi sono davvero di pochi”.

“Specificatamente il ‘casus belli’ fu rappresentato dal marchio del marmo. Da parte sindacale si proponeva di legare il marchio oltre che ovviamente all’estrazione, anche alla lavorazione in loco. In pratica il marchio si sarebbe dovuto concedere se il marmo avesse avuto una qualche lavorazione zonale. Gli imprenditori si opposero, interessati com’erano e come sono ad estrarre e spedire il marmo in Cina, India, Usa e mondo arabo”.

“In zona sono morte 9 persone dal 2015 al 2018. Il 2020 inizia in modo sinistro, con già due incidenti seri, ma non gravissimi, nel merito dello spostamento del blocco, della sua collocazione logistica a fine escavazione. Tecniche specifiche, del monte, che dovrebbero essere note ed acquisite da chi compie azioni operative in autonomia. Già era accaduto anche nei piazzali ed in modo tragico. In cava però il lavoro, almeno finora, è meno precario che non nei piazzali”.

“Occorre investire in formazione, aumentarla, continuare, farla sempre e continuamente.Il cavatore deve acquisire il dubbio che il suo lavoro, sia pure fatto con l’esperienza, preziosa ma non sufficiente, abbisogna di un conforto, di una conferma, di un aiuto, di seguire procedure ormai standard conosciute da non interpretare. Non ci pare invece la strada giusta quella di gridare al lupo. Alla fine non porta granché. Occorre invece investire in sicurezza continuamente e non solo nelle cave più grandi”.

“I criteri del Piano regionale cave devono e possono essere di natura ambientale, che soddisfino la sicurezza del lavoro, che rispettino condizioni minime, come detto, di valori occupazionali medi rapportati alla quantità escavata, l’incentivo alla creazione di consorzi tra cave contigue ed omogenee sul materiale che aiuti nella vendita, evitando inutili scempi ambientali, che permettano di sfruttare gli anfiteatri esistenti sul piano turistico, che garantiscano la apertura in centro città di outlet della singola cava o consorziate, con operatrici, esponendo sia materiale grezzo, che lavorato o frutto dell’ingegno ma anche attività artigianale e culturale, promuovendo eventi singoli o insieme. Investire in città, nei suoi centri storici, dovrebbe essere considerato meritorio”.

“Il combinato disposto degli ultimi due punti, assieme alle quantità escavabili nei comuni, previste nella bozza di PRC permettono agli imprenditori di godere di una ampia capacità estrattiva (in alcuni casi – vedi Massa – anche con aumenti previsti davvero molto importanti) senza un ritorno economico sul territorio che sia percepito tale e, nel comune di Carrara, legato almeno ad aumenti occupazionali o di vivibilità legati alla crescita della città, ed in specie del suo centro rinascimentale ed ottocentesco, in termini demografici, commerciali, espositivi e turistici”.

 

Andrea Figaia, segretario Cisl Toscana Nord

Stefano Bondielli, segretario Filca-Cisl Toscana Nord