Il diritto alla maternità negato

In Toscana occupazione femminile in linea col Nord Europa, ma natalità in picchiata. Servono politiche che invertano questa tendenza, perché lavorare ed avere figli non sia in contrapposizione.

Mentre celebriamo, con soddisfazione, i diritti conquistati negli anni dalle donne, non possiamo non accorgerci che ce n’è uno che a sempre più donne è negato: quello alla maternità.

E’ un’emergenza che, soprattutto in Toscana, dobbiamo prendere sul serio, per tutelare un diritto e per garantire futuro alla nostra società.

Nel corso degli anni il tasso di occupazione femminile è aumentato nella nostra regione (60% contro una media nazionale del 48,9%); questo sia per gli elevati livelli di istruzione delle toscane, sia per una domanda di lavoro più dinamica nei settori in cui le donne sono più presenti. Tra i laureati l’Istat certifica una situazione di sostanziale parità, con un tasso di occupazione dell’80% fra le donne e dell’83% fra gli uomini. La nostra regione ha un profilo dell’occupazione femminile simile a quello delle regioni del Nord Europa, ma tassi di natalità tra i più bassi d’Europa.

La (benedetta) tenuta dell’occupazione femminile ha avuto cioè come prezzo la rinuncia a fare figli. Un prezzo inaccettabile. Anche perché, sempre l’Istat ci dice che oggi la maggioranza degli italiani (donne e uomini) vorrebbero un numero di figli superiore a quelli che effettivamente hanno. Per questo non è certo improprio parlare di un diritto negato.

I dati toscani sulla natalità sono addirittura peggiori della media italiana. Dal 2014 al 2018, nella nostra regione, i bambini sotto i 10 anni sono diminuiti da 323.429 a 302.724 (-20.705), e gli anziani tra 75 e 84 anni li hanno sorpassati, salendo da 328.469 a 341.674 (+13.205): e anche se ci fa piacere l’allungamento della vita mediaquesto sorpasso è evidentemente insostenibile nel lungo periodo.

A determinare il tracollo c’è anche l’età sempre più avanzata in cui si diventa genitori: 32,1 anni per le donne toscane (31,9 Italia), 35,7 per gli uomini (35,4 Italia). Uno slittamento determinato anche da fattori culturali, ma su cui incidono molto pesantemente disoccupazione giovanile e precariato, affiancati dalla carenza di adeguati servizi di sostegno alla genitorialità e per la conciliazione delle esigenze familiari con il lavoro.

A frenare il calo sono stati in questi anni gli stranieri, ma anche loro subiscono velocemente gli stessi nostri condizionamenti: nel 2002 gli stranieri residenti in Toscana avevano in media 3 figli (2,95) a coppia, oggi ne hanno meno di 2 (1,86, contro l’1,18 dei toscani).

Di fronte a un diritto negato c’è bisogno di una mobilitazione, della società e della politica, per mettere in campo azioni che invertano la tendenza. E’ certamente un’emergenza nazionale, ma ancora più accentuata nella nostra Toscana, che pure gode generalmente di un buon livello di welfare.

Dobbiamo gettarci alle spalle i preconcetti ideologici che hanno sempre bollato le politiche pro-natalità come qualcosa “di destra”. La Francia o la Svezia non sono certo feudi di oscurantismo, eppure hanno saputo affrontare anni fa il calo demografico con politiche di aiuto e sostegno alla natalità (assistenza economica, asili, congedi sul lavoro retribuiti, ecc.), che oggi ne fanno due dei paesi con più bambini in Europa: 1,92 figli per donna per la Francia, 1,85 per la Svezia, contro l’1,59 dell’UE, l’1,32 italiano, l’1,29 toscano. E in Francia e Svezia la presenza femminile sul mercato del lavoro è forte e strutturata, ben al di sopra dei valori registrati nel nostro Paese. In questi paesi lavorare e avere figli non è in contrapposizione. Non deve più esserlo neppure da noi.